Siccità: il Corno d’Africa rischia una nuova carestia, 23 Febbraio 2023

Decine di milioni di persone nel Corno d’Africa rischiano di sperimentare una nuova carestia a causa della prolungata siccità, peggiore di quella che nel 2011 provocò la morte di oltre 260mila persone.

A lanciare l’ennesimo allarme è stato ieri il Centro di previsioni climatiche dell’Igad (Climate Prediction and Applications Center – Icpac) che prevede precipitazioni al di sotto de normale durante la stagione delle piogge nei prossimi tre mesi (marzo-maggio). “Nelle zone dell’Etiopia, del Kenya, della Somalia e dell’Uganda che sono state maggiormente colpite dalla recente siccità, questa potrebbe essere la sesta stagione consecutiva senza precipitazioni”, ha avvertito. E scarsità di piogge e aumento delle temperature si stanno estendendo anche in alcune parti del Burundi, della Tanzania orientale, del Rwanda e del Sud Sudan occidentale. Il gruppo di lavoro sulla sicurezza alimentare e la nutrizione (Fsnwg), copresieduto da Igad e Fao, stima che quasi 23 milioni di persone soffrano attualmente di un’elevata insicurezza alimentare in Etiopia, Kenya e Somalia. E la situazione sembra destinata a peggiorare perché l’assenza di piogge comprometterà nuovamente i raccolti, che normalmente vengono fatti intorno ad agosto. Ma anche l’allevamento, con 11 milioni di capi di bestiame che sono già morti. Sempre ieri è tornato a parlarne anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, dichiarando che, sebbene le soglie per decretare lo stato di carestia non siano state ancora raggiunte, in Somalia 8,3 milioni di persone, più della metà della popolazione, avranno bisogno di assistenza umanitaria quest’anno. Situazione sempre più drammatica anche in Kenya, dove più di 5,4 milioni di persone sperimenteranno un’insicurezza alimentare acuta tra marzo e giugno, con quasi un milione di bambini tra i 6 e i 59 mesi, e 142.000 madri in gravidanza o in allattamento che soffriranno di malnutrizione acuta quest’anno. Le stime sono del sistema di analisi Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) che prevede quindi un aumento rispetto ai 4,4 milioni di kenyani che già stanno affrontando alti livelli di insicurezza alimentare. Una cifra che, a sua volta, registra una crescita del 43% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il quadro generale descrive una potenziale catastrofe umanitaria imminente e a lungo termine se si considerano anche gli “effetti collaterali”, ovvero l’aumento dei conflitti per le risorse, delle migrazioni intra ed extra africane, l’abbandono per i più giovani dei percorsi scolastici, la crescita della violenza di genere, in particolare su donne e bambini, e le conseguenze a lungo termine sullo sviluppo sociale ed economico dei singoli paesi e dell’intera regione. Per il segretario esecutivo dell’Igad, Workneh Gebeyehu, serve «un immediato aumento degli sforzi umanitari e di riduzione del rischio. Prima che sia troppo tardi». Ma le agenzie multilaterali e internazionali sono sempre più in affanno per l’aumento del numero e della portata delle crisi, e la concomitante riduzione dei fondi a disposizione.