Il contributo delle religioni alla “terza guerra mondiale”

Con questa newsletter desideriamo richiamare l’attenzione sull’imminente convegno del Forum di sabato 20 aprile a Limena.
Nei testi che seguono si troveranno diversi spunti a riguardo, a cominciare  dagli argomenti esposti nella nota introduttiva al convegno: “le religioni e la guerra” – appunti preliminari per il convegno del 20 aprile.
Seguiranno due testi, uno di Sandro Magister e uno di Guido Formigoni, entrambi diversamente interessanti e che qui presentiamo e commentiamo brevemente.
La dichiarazione: “Il presente e il futuro del Mondo Russo” – la presentazione di S. Magister
I giornali hanno dato notizia di un documento il cui primo firmatario è il patriarca di Mosca Kirill, nel quale l’invasione dell’Ucraina viene definita “guerra santa”. È utile leggere a questo proposito quanto scrive un Sandro Magister finalmente ritornato sensato, perché il testo in questione rappresenta una interessante esemplificazione della problematica al centro del prossimo convegno del Forum.
La dichiarazione promossa da Kirill nasce in un luogo istituzionale interessante che rende evidente la stretta commistione tra chiesa e stato nel contesto russo. Si tratta di un ente di natura insieme ecclesiale e patriottica, di cui fanno parte autorità religiose ortodosse, alti funzionari del Cremlino, capi militari, professori universitari, giovani patrioti e il cui nume tutelare è Putin.
Nel testo viene definita la missione spirituale dei russi: proteggere il mondo dal male rappresentato oggi dal globalismo e dal satanismo di cui l’occidente è caduto vittima. Su questa base vengono definiti in modo preciso i termini di una politica estera orientata a restaurare l’unità del popolo russo, con le conseguenze descritte in forma precisa di quello che ciò comporta, in particolare per l’Ucraina. Per raggiungere lo scopo di salvare il mondo dall’occidente si dovranno porre in essere alcune importanti azioni: la federazione russa dovrà passare dagli attuali 144 milioni di abitanti a 600 milioni, la popolazione dovrà essere redistribuita dalle grandi città ai piccoli centri… ecc. ecc.
Leggere il testo dà un certo stordimento mentale, come se fossimo appena usciti dall’aver visto l’Alexander Nevky di Eisestein e una qualche malia ci avesse indotti a credere che si riferisse al presente; come se un passato in cui i travisamenti del Vangelo non sono certo mancati non se ne fosse mai andato.
A margine di un articolo di Guido Formigoni sulla guerra e la politica
Domenica 31 aprile abbiamo rivissuto il giorno in cui, come tante volte si è detto, una nuova speranza è entrata nella storia. Siamo rimasti nel ricordo e nella celebrazione di un evento che fu interpretato come attesa di risurrezione, ma anche di una umanità pacificata. Non proprio la speranza di una “pace perpetua” forse, come immaginava Kant, ma la fede che fosse possibile impegnarsi utilmente al fine di camminare in quella direzione, questo sì.
Lo abbiamo però vissuto in un quadro mondiale che forse mai, dopo la crisi cubana del 1962, ci era parso così fosco, in cui la parola pace sembra perdere, giorno dopo giorno, in consistenza e, davvero, oggi non sappiamo più dire se siamo solamente a un tornante della storia, dopo di che si riprenderà una direzione accettabile e ragionevole, o se le crisi in atto possano precipitare verso esiti cupi.
È stato l’evento cruciale del 24 febbraio 2022 a cambiare il quadro delle speranze collettive. Perché si è trattato dell’invasione ingiustificabile di un paese europeo, da parte di un altro paese europeo e del successivo impiantarsi di ciò che fino a ieri si riteneva impossibile e cioè di una guerra convenzionale in un contesto nucleare, quasi che si potesse “finalmente” ritornare a giocare alla guerra come nei tempi andati e ciò, nonostante la deterrenza nucleare anzi proprio grazie ad essa. Insieme ad altri gravi fatti, quel giorno ha costretto a confrontarci con la permanenza della guerra, come se dovessimo ancora una volta interrogarci sulla presenza di un male irredimibile nella storia.
Questo ha suscitato in noi stessi pensieri che non avremmo voluto pensare e parole che non avremmo voluto dire. I media ne sono ormai pieni, in Italia più che altrove, e ogni giorno di più sembrano quasi godere nel pensare l’impensabile.
Come antidoto a questa deriva “maligna” vi proponiamo di leggere un articolo che Guido Formigoni ha da poco pubblicato sulla rivista “Appunti di cultura e politica”. Al di là di un forse troppo ottimistico accenno all’idea che l’Europa “sia molto avanzata sulla strada della dissuasione da ipotetiche aggressioni”, la sua lettura può essere un modo per depurare la mente dai “cattivi” pensieri e da suggestioni semplicemente errate. Come quelli che:
inducono a ritenere che per un futuro indefinito certi paesi non potranno che essere minacciosi nemici e come tali andranno trattati;
fanno quindi pensare al “nemico” in modo sempre più cupo e irrecuperabile;
fanno oscillare tra la superficiale convinzione che tanto non succederà niente e il lento scivolare verso l’idea di una guerra cui è necessario prepararsi;
spingono a enfatizzare oltre ogni realismo le minacce alla nostra sicurezza (Se fosse per Putin arriverebbe alle Azzorre…, ma avrà i mezzi per farlo?);
fanno esaltare oltre ogni ragionevolezza la sindrome delle democrazie assediate e dello scontro inevitabile tra l’Occidente e il resto del mondo e perciò ci sospingono verso il rischio di inscenare una colossale profezia che si auto-adempie;
fanno sembrare credibili i cantori del militarismo acefalo, facendoci pensare che il riarmo, anche quando inevitabile, possa sostituirsi alla politica e alla diplomazia;
impediscono di vedere scenari possibili, opportunità da cogliere, relazioni da ricostruire, in una logica che o sarà di inclusività e cooperazione oppure non sarà…
Tutto questo senza facili ingenuità e infantili illusioni, ma piantati nel ricordo della Pasqua del Signore.