Contributo di Antonino Stinà

Rimanendo alla consegna affidataci da Alessandro nell’introduzione, ovvero scambiarci pensieri e stati d’animo di questi giorni di guerra, in tono narrativo, vi vorrei offrire i miei, che sono soprattutto interrogativi.

1) I processi democratici da noi conosciuti e agiti sono ancora efficaci o dovremmo ripensare in modo sistemico i processi decisionali? Mi soffermo su tre livelli:

ONU. L’Onu sembra essere scomparsa dalla scena. Questo, in massima parte, perché il Consiglio di Sicurezza, che dovrebbe prendere decisioni in ambiti come quello di cui ci stiamo occupando, è paralizzato dal diritto di veto che possono esercitare i 5 membri permanenti. Ci possiamo permettere questa assenza? Nuovi processi decisionali potrebbero rendere l’ONU più efficace?
UE. In occasione della morte della figlia di De Gasperi, Massimo Gramellini, nel suo “Caffè” del 31 marzo sul Corriere della Sera (che suggerirei di rileggere), ricorda che uno degli ultimi ricordi che la figlia ha del papà, era di un uomo stanco e malato che dalla poltrona di morte attendeva, con ansia e speranza, una telefonata dalla Francia. Il parlamento francese doveva dare il suo voto di approvazione, per la costituzione di un esercito europeo; purtroppo la telefonata arrivò e l’esito non era quello atteso: il parlamento bocciò la proposta. Era il 1954, e dopo quasi 70 anni siamo più o meno allo stesso punto.

In questi giorni l’UE sembra più coesa, ma dopo i primi giorni dello “stringiamoci a coorte”, anche oggi l’unità di intenti sembra essere meno stretta, pensiamo alla proposta di mettere un tetto alla spesa per il gas, non accolta da tutti, perché gli stati fanno ancora riferimento più ai rispettivi interessi particolari che a quelli generali.

ITALIA. Una delle questioni che l’invasione russa dell’Ucraina ha messo in evidenza è la dipendenza energetica del nostro Paese dalla Russia (e da altri Stati che presentano problemi di democrazia molto simili a quelli della Russia).

Il referendum in materia di nucleare, del 1987, all’indomani di Cernobyl, assolutamente legittimo, ha di fatto regolato la nostra politica energetica da allora in avanti. Era un referendum su una materia strictu sensu di politica energetica, ma nei fatti – lo vediamo ora – la sua valenza era economica e di politica internazionale, materie rispetto alle quali la costituzione pone dei limiti allo strumento referendario.

In quel caso una decisione su una materia tanto complessa quanto strategica, per la quale sarebbero necessarie competenze molto specifiche, è stata delegata alla “sovranità popolare”, probabilmente non “dotata” delle conoscenze necessarie. Ma di converso, poiché la conoscenza e la competenza non sono neutre, sarebbe sensato affidare le decisioni solo ai “competenti”?

2) Nell’introduzione Castegnaro richiamando Mounier ci ha ricordato che “La forza è una componente costante dei rapporti umani”.

Mi chiedo allora: la forza si esercita “solo” in termini militari, oppure ci possono essere altre modalità? Ad esempio: l’UE sarebbe la seconda forza del pianeta in termini economici, la terza in termini demografici. La Russia in una ipotetica classifica in questi due ambiti non occupa le prime posizioni, eppure riesce a tenere sotto scacco il mondo in virtù della sua, vera o presunta, forza militare. Abbiamo tanto detto che è l’economia che detta le priorità, ma in questo caso non sembra essere del tutto vero.

3) Che fare con la Russia e con Putin?

Le assimilazioni nella storia sono inappropriate, ma le semplificazioni possono aiutare a capire. Putin “è” Hitler, oppure Saddam Hussein o Gheddafi?

Se fosse vera la prima l’abbattimento del tiranno, anche con la distruzione della Germania (e non solo, ricordiamo le atomiche sul Giappone), furono necessarie a fermare la guerra, e anche a porre le condizioni per un futuro di pace, almeno in Europa. Ma se fossero vere le seconde abbiamo visto che il sovvertimento dei tiranni, nei due casi indicati, non solo non hanno migliorato le condizioni di quei Paesi e rafforzato equilibri di pace, ma forse hanno addirittura peggiorato le situazioni

4) Il rapporto tra principi e situazioni.

Se è vero che i principi devono tenere conto delle situazioni, è altrettanto vero che le situazioni non possono “azzerare” i principi. Credo che il compito di un gruppo come quello nostro abbia il compito di interrogarsi su come i principi dovrebbero orientare le situazioni.

5) Il futuro dell’UE.

L’UE nella sua storia, dalla creazione in poi, ha compiuto i propri decisivi passi in momenti di crisi.

Questo è uno. L’opportunità che vedo è che siano maturi i tempi per la creazione di un esercito europeo a sostegno di una politica estera e di sicurezza comune (che comprenda ad esempio anche le politiche migratorie), e per il completamento di alcuni altri processi comunitari (ad esempio in materia di fisco e lavoro). Solo così l’Europa potrà far contare il proprio peso economico e demografico, anche con i paesi africani ad esempio, affrancandosi sempre di più (rivedi il Caffè di Gramellini e gli auspici di un autentico atlantista come De Gasperi) anche dagli USA, consolidando il multilateralismo che sembrava potesse sbocciare dopo la caduta del muro di Berlino.

6) Aumentare le spese per la sicurezza non significa solo più armamenti.

La sicurezza e la difesa degli Stati non si devono fondare solo sulle armi. Io credo che l’incremento delle spese per la sicurezza debba essere per quanto più possibile legato ad un investimento per la difesa civile, anche non armata, per la quale non si spende un centesimo e per la quale, conseguentemente, siamo del tutto impreparati. Se ci fosse un bombardamento, o un assedio della mia città, io non so assolutamente cosa dovrei fare. Le vicende dell’Ucraina credo insegnino qualcosa anche a questo proposito.