A che punto siamo con il Covid 19? Appunti di un vaccinato infettato

Riassumo qui di seguito in 11 punti quello che mi pare di aver capito delle recenti vicende della pandemia.

  1. I vaccini attuali proteggono dalla malattia severa in proporzioni molto elevate, ma non completamente. Alcuni individui non reagiscono al vaccino.
  2. Quanto al contagio essi non lo impediscono, ma lo attenuano. Il vaccinato può cioè contagiare ed essere contagiato. Di conseguenza i vaccini riducono la circolazione del virus, ma meno di quanto si sperava all’inizio della campagna vaccinale.
  3. La loro durata è declinante e limitata a un numero di mesi relativamente indeterminato. La protezione dalle varianti da essi fornita non è inesistente, ma digradante. Vi sono ampie variazioni individuali nella durata della copertura offerta dai vaccini. Alcune persone possono essere protette molto più a lungo, altre molto meno.
  4. Non è chiaro se e per quanto tempo i vaccini preservino dal ritorno alla possibilità della malattia grave. Questo anche perché non è dato sapere come muterà il virus. La speranza è che arrivino forme meno pericolose ma non è possibile prevedere se e quando potrebbe presentarsi una mutazione, eventualmente più aggressiva. Per questa ragione è necessario tentare di ridurre quanto più possibile la circolazione del virus.
  5. I vaccini aiutano e proteggono, la situazione sarebbe ben peggiore se non ci fossero stati, ma non sono “la salvezza” e non permettono che “tutto ritorni come prima”. La loro efficacia corrisponde molto parzialmente alla narrazione pseudo-religiosa che il circuito medico-mediatico ne ha fatto. Essi sono uno strumento importante ma non l’unico. Per questo si deve continuare a insistere su rimedi più tradizionali: sul distanziamento, le mascherine, cambiare l’aria, il lavaggio delle mani… Cose in parte facili, in parte penose, per alcune categorie sociali e generazionali in particolare.
  6. Di quella narrazione non convince inoltre l’attribuzione dell’intera responsabilità nel permanere del Covid-19 alle scelte di chi non si vaccina. Chi non si vaccina si espone al rischio della malattia severa e contribuisce in maniera importante alla crisi del sistema di protezione sanitaria con danni che si protrarranno nei prossimi anni a causa della mancanza di cure e interventi di prevenzione.
  7. La permanenza del virus è in relazione con la sua evoluzione (darwiniana). I non vaccinati contribuiscono in misura significativa a facilitare questa evoluzione perché rappresentano un serbatoio di forte replicazione del virus, ma non sono l’unico fattore della sua evoluzione. Il ritorno pandemico – le “ondate” ancora severe – si spiega, oltre che con le dinamiche evolutive del virus, con i limiti dei vaccini disponibili. Questo è vero soprattutto in conseguenza della mancata vaccinazione delle popolazioni povere che rappresentano il serbatoio più pericoloso del virus per tutta l’umanità. Il problema è quindi solo in parte costituto dai non vaccinati di casa nostra.
  8. Il green pass tende a ridurre la mobilità dei non vaccinati e si propone di farli optare per il vaccino. Anche se si può discutere sul modello in base a cui è stato delineato (Impositivo e non fiduciario) e sui modi in cui esso viene gestito operativamente, è stato una misura utile perché ha cercato di dare una regola alla società su questo problema. Da un altro lato ha assunto, almeno fino a quando non è stato chiaro che anche i vaccinati potevano infettarsi, un significato ambiguo. In quanto presentato come un modo per essere liberi e poter continuare a vivere e consumare a prescindere dalla pandemia, ha indotto l’idea di poter sfuggire al contagio, non impedendo comportamenti rischiosi.
  9. La narrazione salvifica del vaccino sta rendendo poco chiara la prospettiva di medio periodo della pandemia. Posto che tutto il mondo dovrebbe essere vaccinato, come si sostiene, e magari anche i cervi americani che nel 30% dei casi sono risultati positivi al virus come racconta la dott.ssa Capua, e posto che il vaccino ha una durata limitata a pochi mesi che cosa ci si deve attendere? Che l’intera popolazione mondiale debba essere vaccinata ripetutamente in periodi brevi per tenere sotto controllo le varianti? Perora non abbiamo risposte chiare a queste domande.
  10. Poiché una prospettiva di questo genere appare poco realistica, dobbiamo forse concludere che in realtà siamo alla mercé della libera evoluzione del virus, verso cicli di malattia via via più contagiosi e però – si spera – meno severi? Dovremo forse concludere, con buona pace dell’idea magico-salvifica dei vaccini e con maggiore umiltà, che siamo nelle mani dei processi naturali più di quanto ci viene chiesto di credere? Probabilmente la risposta a queste domande deve essere positiva. La pandemia ci ha fatto riscoprire che le malattie infettive esistono e sono una sfida che non si può sempre sconfiggere una volta per tutte. Piuttosto che urlare al complotto sarebbe opportuno ammettere la nostra fragilità e la continua possibilità che si sviluppino nuovi agenti patogeni.
  11. La narrazione salvifica del vaccino andrebbe superata infine perché essa impedisce un dibattito pubblico onesto su un altro punto e cioè lo scarso investimento posto in essere al fine di potenziare la medicina di base, in modo da alleggerire le strutture sanitarie e metterle in grado di reggere le successive ondate pandemiche, tenuto anche conto del crescente affaticamento del personale.