Il ruolo della decisione politica nelle situazioni di emergenza

Il politologo Paolo Feltrin, con cui di recente abbiamo avuto un confronto seminariale, ha proposto una ricostruzione fuori dal coro del modo con cui è stata governata la prima ondata del Covid-19, che riteniamo sia utile far conoscere e discutere. L’analisi per esteso è disponibile sulla newsletter della rivista on line “Nuovi Lavori”. http://www.forumdilimena.com?mailpoet_router&endpoint=track&action=click&data=WyI2IiwiMTRnaG5jNzZ1a3prNGt3ZzA4MDhjYzRjdzBvZ3cwbzQiLCIxOSIsImQ2OWVkZDU1ZTAzOSIsZmFsc2Vd Qui noi, per maggior brevità, rendiamo disponibile l’intervista rilasciata da Feltrin alla rivista “Una Città” che ne riassume i principali contenuti.
Poiché il modo in cui è stata gestita la seconda ondata pandemica ci è sembrata di più difficile lettura e, diciamolo pure, alquanto caotica, abbiamo chiesto al Prof. Feltrin una messa a punto che tenga conto di quanto avvenuto dopo. La pubblichiamo qui di seguito, prima dell’intervista, con il titolo: “Una premessa in forma di verifica dei poteri nello stato di cose presenti”.
Feltrin è molto critico nei confronti di come i media hanno raccontato la gestione dell’emergenza nella prima fase. In sostanza inseguendo l’antico vezzo italiano di dire che “comunque è tutto sbagliato” e enfatizzando sistematicamente ciò che non funziona. Mentre all’estero un giornale come il New York Times esprimeva una certa invidia per i risultati da noi conseguiti, chiedendosi come mai negli USA non fosse possibile fare come in Italia, qui da noi non ci si è nemmeno resi conto di questi apprezzamenti.
L’interesse di Feltrin è orientato a ricostruire il modello di governo con cui è stata gestita la pandemia (nella prima fase…) perché a suo avviso si sono manifestate novità interessanti e perché riflettere su di esse potrebbe aiutare a ripensare il modo in cui il Paese potrebbe essere governato.
Di fatto, all’interno di uno “stato di emergenza” costituzionalmente problematico, anche se necessario, l’elaborazione dei DPCM è avvenuta attivando circuiti decisionali tanto nuovi quanto interessanti. Due di questi, nonostante quanto può essere apparso, hanno funzionato, secondo Feltrin. Si tratta del circuito Governo – Regioni e di quello Governo – Organizzazioni di rappresentanza degli interessi. Se si mettono tra parentesi le polemiche, in realtà abbastanza normali in situazioni di democrazia deliberativa (come insegna l’esperienza tedesca), nella prima fase pandemica si è sperimentata una forma di “federalismo cooperativo” su cui meriterebbe riflettere. Per la prima volta il modello usuale di decidere al centro è stato stravolto. Forse, dice Feltrin, varrebbe la pena di pensare a una costituzionalizzazione del sistema delle conferenze Stato Regioni.
La prospettiva di analisi indicata appare interessante perché, al di là del grado maggiore o minore di ottimismo che si può riscontrare in essa e di cui si può discutere, individua una terza possibilità oltre ai modelli di governo centralisti cui siamo abituati e a quelli caratterizzati da autonomismo spinto che alcuni sognano, ma i cui esiti potrebbero essere problematici; quella di un modello di governo che decide al centro, ma con modalità che prevedono il coinvolgimento degli attori periferici.
Una tematica questa su cui intendiamo ritornare appena sarà possibile.

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