Vivere la pandemia

Introduzione

 I tempi pandemici esigono da tutti coloro che si propongono di seguire gli eventi cercando di capirci qualcosa, continui, complicati adattamenti. I tre testi che seguono sono in questo senso il prodotto degli adattamenti cui il loro autore si è sentito costretto negli ultimi mesi. Ognuno di essi integra gli altri due e ne giustifica meglio le affermazioni.

In novembre tengo una conferenza a Porcia sulle implicazioni sociali e culturali del Covid (dal titolo “Nessuno è sfuggito al Covid”). Il contesto pandemico è ancora caratterizzato da un certo ottimismo. L’Italia è sugli scudi nel contesto europeo. Subito dopo però arriva un’altra “ondata”, le curve si impennano e il quadro si fa confuso, in ogni caso appare incerto e meno ottimistico. “Forse devo rettificare qualcosa?” Mi chiedo. Ci dovrò lavorare.

Nei primi giorni di dicembre, pur essendo vaccinato, mi ammalo di Covid. Capisco che non avevo compreso bene quale fosse la protezione offertami dal vaccino. D’altra parte cosa avrei potuto fare per evitare il contagio che già non avessi fatto? Nei 21 giorni di isolamento che seguono cerco di comprendere cosa sta succedendo. Ho tempo, leggo e ascolto e poi scrivo una sintesi di quello che mi pare di aver capito. La invio a qualche amico più esperto di me, alcuni sono medici, e poi la riscrivo tenendo conto delle osservazioni (Testo dal titolo: “A che punto siamo con il Covid 19? Appunti di un vaccinato infettato”). Non pretende di essere una lettura esperta della pandemia, non ne sarei in grado e non è compito di un sociologo, ma è una lettura plausibile e verificata, che mi pare dotata di un certo grado di realismo e della giusta carica dissacrante.

In ogni caso, che lo metta per iscritto oppure no, di un qualche quadro di sintesi io, come tutti, ho un assoluto bisogno, se voglio farmi una idea e resistere alla tentazione di accoltellare il primo giornalista televisivo che incontro. E, soprattutto, è una lettura che mi permette di andare oltre la problematica sanitaria, facendo un ulteriore passaggio, con il quale cerco di dire qualcosa di minimamente fondato sul modo in cui la nostra società sta raccontandosi la crisi pandemica (Testo dal titolo “Narrare la pandemia”). Che è poi quello che mi interessa di più e può incuriosire maggiormente chi segue le avventure del Forum di Limena.

In questa newsletter vengono presentati i tre testi indicati. Ci permettiamo di consigliare chi fosse così determinato da volerli leggere tutti di seguire l’ordine proposto di seguito:

Narrare la pandemia
A che punto siamo con il Covid 19? Appunti di un vaccinato infettato
Nessuno è sfuggito al Covid!

Siamo consapevoli che rischiamo di aggiungere ulteriori rumors alle chiacchiere che ascoltiamo ogni giorno, ma confidiamo di offrire un contributo a leggere la sfida costituita dalla crisi pandemica da punti di vista diversi rispetto a quelli prevalenti.
Sui temi di cui si occupa questa newsletter torneremo ancora.

 Proponiamo inoltre due testi critici che approfondiscono un aspetto particolare e cioè il rapporto tra scienza e società per come si è manifestato in occasione della pandemia da Covid 19. Entrambi gli interventi sono stati consultati per la redazione del testo dal titolo “Nessuno è sfuggito al Covid”.

Il primo, di John P. A. Joannidis, epidemiologo, insegna medicina, epidemiologia e salute della popolazione alla Stanford University,  conosciuto soprattutto per un suo articolo dal titolo “Perché la maggior parte dei risultati della ricerca scientifica pubblicati sono errati”, pubblicato nel 2005 sulla rivista PLOS Medicine, che ha suscitato un vasto dibattito sulla riproducibilità degli studi scientifici. Joannidis rileva come mai nella storia così tante persone siano state interessate ai modi con cui operano gli scienziati. Ciò è avvenuto in un quadro preesistente in cui vi erano molti limiti nei modi di operare delle scienze (elitarismo, mancata condivisione dei dati, enormi interessi in gioco, poca attenzione pe il disinteresse personale, ecc.). E tuttavia da qualche tempo c’erano forze che lottavano per più comunitarismo, disinteresse, scetticismo metodologico, ecc. Molti erano diventati favorevoli alle richieste di riforma. E si poteva sperare che la crisi pandemica potesse indurre un progresso generale. Secondo Joannidis è invece avvenuto il contrario. La mancata condivisione ha alimentato scandali e teorie del complotto. Non si è potuto certificare se il virus fosse uscito da un laboratorio, come invece sarebbe stato facile. Pur senza dimenticare che “Molti scienziati straordinari hanno lavorato sul Covid 19”, persone che Joannidis ammira, la pandemia ha fatto sì che da un giorno all’altro “tutti sono diventati scienziati”. Lo scetticismo, un atteggiamento essenziale per il metodo scientifico è stato bollato come un segno di diserzione e tradimento, perché “si era in guerra”. E così molti ricercatori brillanti sono stati emarginati dal dibattito pubblico. Anche la politica ha svolto un ruolo deleterio, come se interventi di salute pubblica quali maschere e vaccini, fossero da usare facendone armi per programmi politici. In sostanza: “c’è stato uno scontro tra due scuole di pensiero, la salute pubblica autoritaria contro la scienza e la scienza ha perso”. Dietro a tutto questo non c’era nessuna cospirazione, e non è avvenuto per colpa di qualcuno in particolare, un politico spregevole o un generale pazzo, ma di tutti noi. E pensare che la scienza è la cosa migliore che poteva capitare agli esseri umani…

Il secondo, di Etienne Klein, fisico e storico delle scienze, che dirige in Francia il “Laboratorio di ricerca sulle scienze della materia” e conduce una intensa attività di divulgazione sulle questioni sollevate dalla fisica contemporanea. Il Virus in se stesso – egli dice – non è comparso per insegnarci qualcosa sui nostri errori, ma ciò non significa che non abbiamo nulla da imparare dalla sua comparsa. Innanzitutto il fatto che l’umanità non potrà astrarsi dal mondo a suo piacimento; che essa non è una bolla autonoma, a sé stante, ma che essendo parte integrante della natura da questa non potrà emanciparsi radicalmente. La pandemia avrebbe potuto essere una occasione storica perché anche i non addetti ai lavori potessero comprendere come funziona il metodo scientifico. Klein però è scettico circa il fatto che ciò sia avvenuto, perché invece che la prudenza e l’umiltà che dovrebbe caratterizzare il metodo scientifico a imporsi sono stati gli ego esagerati di alcuni protagonisti della comunicazione scientifica approdati sui media. Klein conclude il suo intervento indicando alcune distorsioni cognitive che hanno avuto uno spazio particolare durante la pandemia.