Marzo 2024 Edition
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FEDE E POLITICA

Opinioni sul “grande gelo” (e oltre)

Da tempo fede e politica non si parlano e la loro separazione è sembrata la condizione più naturale, perfino desiderata. Questo distacco si manifesta a due livelli:
- quello personale, delle scelte politiche individuali: dalla partecipazione alle opzioni di voto; dagli orientamenti politico-culturali di fondo alle diverse forme di impegno civile e politico; sempre più “liberati” da ogni riferimento alla fede religiosa;
- quello comune, della presenza di chiesa: del dire e, soprattutto, del non dire delle comunità di fede, non solo dei loro vertici gerarchici, di fronte a una situazione del Paese giunto ormai a un punto di svolta nel quale si deciderà il domani delle future generazioni e anche della chiesa italiana.
Partendo da queste considerazioni, il Forum di Limena, nel settembre 2019, ha affrontato il tema del rapporto tra fede e politica in un confronto a più voci (a Marango), convinto che si trattasse soltanto di un avvio, di un primo passo in un cammino che sarebbe stato necessariamente lungo e articolato. Un ulteriore contributo è stato offerto nella newsletter di gennaio, nella quale, oltre ai contributi emersi nel precedente appuntamento, sono state raccolte le testimonianze di alcuni giovani amministratori locali.
La percezione della necessità (urgenza?) di continuare nel dibattito e di aprire ulteriormente la partecipazione, ha portato quindi alla richiesta di ulteriori interventi.
In questa newsletter, pubblichiamo i primi sei pervenuti, sollecitati da alcune domande che il Forum stesso aveva posto: perché fede e politica non si parlano? Come valutiamo questo fatto? Un riavvicinamento è auspicabile? Quali forme dovrebbe assumere?
Gli interventi sono di “cattolici”, impegnati in ambiti diversi del sociale, della cultura e dell’ecclesiale: due presbiteri (Paolo Doni di Padova e Gianpietro Moret di Vittorio Veneto), due sociologi (Stefano Allievi e Gabriella Burba), un giornalista ed editore (Lorenzo Fazzini), due politici (Pier Paolo Baretta e Andrea Causin).
Ognuno ha esplorato il tema dell’attuale rapporto tra fede e politica in base alla propria sensibilità ed esperienza; altri contributi sono già in attesa di essere resi pubblici (presto).

Vi proponiamo di seguito i contributi con dei sommari iniziali, curati della redazione della newsletter

Sciogliere il grande gelo

La dissonanza (stonata) tra prassi e dottrina - Oltre la genericità del termine “politica” - Il distacco e l’afonia della Chiesa - Tuttavia qualcosa di importante è maturato nella chiesa e ha cominciato a ridurre la distanza tra la fede e la politica, partendo proprio da una “lettura” più appropriata della Parola – Il metodo (profetico) di papa Francesco - Il “Documento sulla fraternità umana per la pace mondiale e la convivenza umana” come lo statuto di un corretto ed efficace rapporto tra fede (fedi) e politica (politiche) e come antidoto reale ad ogni espressione disumana della politica - La cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio. Leggi l'intervento di don Paolo Doni

Oltre la dicotomia

Una dicotomia: perché ora la chiesa, soprattutto in Italia, interviene scarsamente in politica sul settore riguardante le relazioni socioeconomiche e interviene, invece, abbondantemente sui provvedimenti politici riguardanti vita, famiglia, sessualità? – La Chiesa Confessante di Barth: la fede obbedienza assoluta alla Parola di Dio, una totale sottomissione ad essa della propria esistenza in tutte le sue dimensioni. - L’obbedienza incondizionata alla Parola non significa che essa dia risposta ad ogni problema dell’esistenza in questo mondo e renda nulla ogni iniziativa umana - L’adesione al “capovolgimento” operato dal mistero della croce e risurrezione - L’amore (imperfetto) - Il grido degli oppressi mette a nudo il male del mondo - La Chiesa, l’amore come ciò che fa vivere, e la scelta dei poveri come voce da ascoltare e come luogo in cui collocarsi nella società – Il limite di non guardare alla Storia - Il dovere di parlare sempre in modo chiaro e forte, senza reticenze e ambiguità – La prossimità - La Chiesa deve lasciare alla politica di fare quello che può fare, senza mai sostituirsi ad essa - La presenza di comunità che vivono in maniera autentica la fede cristiana. Leggi l'intervento di don Gianpietro Moret

Fedi e politiche (al plurale)

Rinnovare un dibattito invecchiato male - La necessità di coniugare i termini al plurale – Il “soggettivismo” e la volubilità - Il cambiamento di opinioni è la nuova normalità, come lo è la mancanza di appartenenze stabili e dunque di comunità significative di riferimento - Non fidarsi di nessuno a scatola chiusa - Sia cattolico (o altro) chi lo è o si sente di esserlo, faccia politica chi vuole o pensa di poter dare un contributo, la faccia con chi c’è, cercando di incrociarle come meglio riesce la sua attività con il fondamento delle sue radici valoriali - Credo sia utile impegnarsi in politica, ognuno rispondendo al proprio foro interiore, non certo alla curia (o alla parrocchia, a livello locale), né al movimento di turno – Dove ci si trova a proprio agio (e cambiando ‘parrocchia’ – l’espressione è significativa – se non ci si sente più a proprio agio).
Leggi l'intervento di Stefano Allievi

Un rapporto complesso e diffidente

La normalità dei cattolici anagrafici e il disagio di quelli impegnati - Esistono comunità che, per decenni, hanno sentito parlare della testimonianza cristiana legata solo ad alcuni temi… Decenni vissuti con questo stile pastorale e dottrinale generano questo tipo di cattolici, per i quali l’adesione a Cristo coincide con la fedeltà ai soli principi di bioetica e morale sessuale, alla messa in latino e allo sfarzo e potere ecclesiali di medioevale memoria - La questione del rapporto fede-politica sembra latitare in ambito ecclesiale – La fuga nella carità - La salvezza delle singole anime. E l’umanità? – La preoccupazione di evitare il conflitto tra cattolici - La provocazione del “laico” Macron - Le sfide, i rischi e i limiti nel coniugare Vangelo e giornale, Bibbia e Costituzione: fede e politica. Leggi l'intervento di Gabriella Burba

E se la questione fosse (anche) altrove?

C’è da arrendersi, allora, allo spirito del tempo che, tra populismi e sovranismi, tra la politica fatta in tv da Barbara d’Urso e un Papeete qualsiasi, ha trasformato l’arte di governare in una cosetta per polemiche social quotidiane, sbraitamenti belluini e scelte governate dall’occhio teso spasmodicamente ai sondaggi? - Quello che sembra mancare nel popolo cristiano, e a tanti suoi pastori, è il quid sociale dell’annuncio evangelico - La fede biblica è una fede sociale, concreta, attiva, impegnata - Di qui in concreto dovrebbe partire un’ampia scuola di alfabetizzazione sociale delle nostre parrocchie (partendo dai “pastori”), facendo una grande alleanza con il mondo del terzo settore, dell’editoria cattolica, della stampa missionaria, dell’animazione culturale - Solo se il cattolico, cioè l’«universale», tornerà all’altezza della propria vocazione, nel campo pre-politico, anche in quello politico ci sarà una voce cattolica.
Leggi l'intervento di Lorenzo Fazzini

Una visione integralmente politica dell’impegno

Il problema: la comunità cristiana non è educante alla politica perché, quando si occupa di politica, non è comunità - In questa contemporaneità “liquida”, è ragionevole pensare che le condizioni, i parametri, le modalità per costruire un nuovo “ordine” globale che riconduca le diverse istanze della società ad un patto di convivenza condiviso ed accettato, possa essere ricompreso in un’unica opzione politica? - Sempre nella società “liquida”, non è il contenitore che trasmette e garantisce il messaggio cristiano, bensì la visione del mondo e del futuro che quell’impegno intende esprimere e realizzare nella testimonianza di una coerenza soggettiva e comunitaria. - Non dobbiamo temere la diaspora, ma l’assenza - Il nostro compito è edificare la comunità politica, nella quale i cristiani possano riconoscersi ed agire, garantendo al tempo stesso pluralità e unità. Evitare, cioè, anacronistiche appartenenze di gruppo o di partito motivate dalla comune fede; ma sentirsi, contemporaneamente, parte di un unico cammino - Una visione integralmente politica dell’impegno. Leggi l'intervento di Pier Paolo Baretta

Perché non si parlano?

La fede e la religione: ambiguità storica – La paura dei cattolici di contaminarsi nell’agire sociale e politico – La mancanza di dialogo tra religione e politica - Il declino dei luoghi di formazione prepolitica - Un riavvicinamento necessario - Creare spazi o momenti di vicinanza, di confronto - Riattivare la formazione e il ruolo delle associazioni.
Leggi l'intervento di Andrea Causin
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